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Rho commemora i Martiri di Robecchetto

Diedero la vita per la libertà, la cerimonia lungo le sponde del Naviglio. Richiami a contrastare odio e indifferenza.

13 Ottobre 2025
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Il Comune di Rho, insieme con i Comuni di Robecchetto con Induno, Lainate e Pregnana Milanese, ha commemorato i Martiri di Robecchetto, i partigiani uccisi il 13 ottobre 1944 sulle sponde del Naviglio dalle camicie nere che li avevano torturati alla Casa del Fascio di Rho cercando di estorcere informazioni su altri esponenti della Resistenza. A cadere sotto i colpi dei fucili e a finire nelle acque del Naviglio furono  Alfonso Chiminello, Alvaro Negri, Pasquale Perfetti e Luigi Zucca. Cesare Belloni riuscì a salvarsi fingendosi morto.

 

Un corteo si è formato nel pomeriggio dell’11 ottobre 2025 lungo il Naviglio, diretto al monumento che ricorda i partigiani uccisi. Guidati dal Corpo Musicale Cittadino Parrocchiale di Rho, hanno sfilato rappresentanti delle Amministrazioni comunali (per Rho anche il vicesindaco Maria Rita Vergani), il consigliere regionale Carlo Borghetti, esponenti di ANPI, Aned e associazioni combattentistiche, oltre ad alcuni studenti della secondaria di primo grado Tommaso Grossi, coordinati dalle docenti Roberta Di Rocco e Nicole Caruso.

Dopo il suono del silenzio e l’Inno di Mameli, nella cerimonia presentata da Paola Cupetti (Ufficio Cerimoniale del Comune di Rho) è intervenuto Mario Anzani, presidente di ANPI Rho:

“Rendiamo onore a quattro giovani rhodensi nel luogo in cui vennero fucilati per mano fascista, un quinto riuscì fortunosamente a salvarsi. Hanno perso la loro vita per liberare il Paese dalla dittatura, per prospettare per l’Italia, l’Europa e il mondo intero un avvenire di pace, fratellanza tra i popoli, giustizia sociale. Venire qui non è la reiterazione rituale di una memoria storica incancellabile, è riconoscenza per il loro sacrificio e per l’esempio che ci lasciano. E’ un monito a tenere vivi i loro ideali nei tempi tristi e bui che viviamo, con il mondo devastato da soprusi e violenze, dal divario tra ricchi e poveri, da una corsa agli armamenti che sottrae fondi agli aiuti sociali. “Follia”, come diceva papa Francesco. Si è persa la nozione del diritto internazionale e umanitario, si dissemina odio. Abbiamo assistito all’esecrabile attentato di Hamas e al massacro genocida del popolo palestinese con la complicità delle potenze che non hanno fatto nulla per contrastarlo. Una ferita che è impossibile dimenticare”.

Anzani si è poi rivolto ai giovani: “Siate sempre capaci di sentire ogni ingiustizia come se toccasse a voi. Davanti a bimbi ridotti a scheletri, uccisi per una scodella di cibo, abbracciati davanti al sudario di morte di genitori o nonni, mi sono commosso pensando ai miei nipoti. Oggi in una Gaza devastata si aprono spiragli di distensione, ma la questione palestinese rimane aperta e non dobbiamo lasciare solo un popolo che ha subito patimenti indicibili. Il piano di pace è pieno di buchi, non riconosce il diritto all’autodeterminazione. Non dico cose fuori tema: l’antifascismo rischia di essere una pianta secca se si ferma alla venerazione delle ceneri e non si traduce nel battersi per i medesimi ideali dei partigiani nella realtà che ci è data di vivere oggi. Si continui la giusta battaglia per un mondo migliore, per costruire democrazia e giustizia sociale; l’Unione europea abbandoni le pulsioni belliciste per avvicinarsi al Manifesto di Ventotene; i giovani non perdano la speranza. Ora e sempre Resistenza!”.

Il giovane Federico Pioltini di Anpi Turbigo ha espresso il suo pensiero con particolare emozione: “Per i fascisti i partigiani erano dei criminali. Sono invece martiri che hanno sacrificato la vita per permettere a noi di essere liberi. Oggi sorgono democrature che guardano solo ai propri interessi, è in corso un cambiamento silenzioso che rende vani gli sforzi dei partigiani. Nell’indifferenza generale è bello vedere chi scende in piazza per difendere il diritto al lavoro, all’istruzione, alla giustizia. Se chi difende i diritti è chiamato criminale, allora spero di essere chiamato criminale”.

La vice presidente di Aned Milano, Carmen Meloni, nipote del partigiano deportato Pietro Meloni, ha così dichiarato: “Ricordare è dovere di tutti. I giovani che commemoriamo hanno compiuto una scelta dura, drammatica, questa lapide ricorda chi non è stato indifferente e ha sacrificato l’amore per i propri affetti, affrontando torture e morte con dignità e coraggio. Dopo la liberazione dei campi di concentramento, i deportati fecero un solenne giuramento per la pace, non chiesero vendette. Oggi la pace appare ancora lontana, ma dobbiamo credere che sia possibile”.

I ragazzi della scuola Tommaso Grossi hanno recitato pensieri di partigiani e staffette, contestato la “stupidità della guerra” e citato la senatrice Liliana Segre: “Noi siamo qui perché non vogliamo essere indifferenti”.

L’assessore Marco Abruzzese è intervenuto per il Comune di Robecchetto con Induno: “Questi giovani scelsero non piegarsi e hanno pagato un prezzo altissimo. Quell’eccidio è una ferita collettiva, il loro esempio ci parla ancora, invita a non lasciare spazio all’odio, esorta a lavorare ogni giorno per la democrazia. Ricordare e tenere viva la memoria di ciò che siamo resti per noi un faro”.

“Venendo qui con il vicesindaco Maria Rita Vergani ricordavamo i racconti di Silvana Negri, sorella di Alvaro: ci parò dei momenti concitati in cui i fascisti vennero in casa a cercare il fratello, lei era piccina e fu messa seduta sulla cassapanca che nascondeva, sotto latte di cibo, le armi dei partigiani – ha detto il Sindaco di Rho Andrea Orlandi – Quel momento fu per lei importante e simbolico: sentì di proteggere suo fratello e la Resistenza. Questa storia ha a che fare con la scelta che ho preso nei giorni scorsi di appendere la bandiera della Palestina fuori dalla finestra del mio ufficio in Municipio: era in corso un genocidio, certificato dalla Corte internazionale di Giustizia, e ho pensato a cosa avrebbero fatto i partigiani, quali azioni avrebbero messo in campo. Loro cinque non avevano video che mostrassero loro cosa accadesse nei campi di concentramento. Noi oggi abbiamo la possibilità di vedere in diretta cosa è successo in Palestina dopo il 7 ottobre 2023, data in cui avvennero azioni esecrabili, da condannare massimamente. Credo che questi cinque martiri avrebbero fatto la stessa cosa che migliaia di giovani hanno fatto nelle scorse settimane scendendo in piazza e creando un movimento di opinione che rappresenta un risveglio della coscienza civile. La Palestina non rappresenta più soltanto un conflitto, indica un limite da non sorpassare, come scriveva questa settimana Alessandro Baricco in un articolo: la politica, intesa come gestione della cosa comune, non può oltrepassare il principio di umanità. Chiunque rivesta un ruolo politico deve ordinare a questo principio ogni azione. Se non lo fa, si travalica una linea. E i giovani ci ricordano che quel limite non va oltrepassato. I martiri di Robecchetto sarebbero stati in piazza, avrebbero compiuto gesti più forti rispetto a quello di appendere una bandiera, loro hanno messo in campo la loro vita. Ora viene prospettato un percorso di pace che speriamo prosegua, ma non possiamo dimenticare quello che è successo negli ultimi 24 mesi. Sarebbe uno sgarbo a loro 5 e alle decine di migliaia di uomini donne e bambini che hanno perso la vita in un disegno che è ben chiaro a tutti. Pensare alla Palestina ha a che fare con il nostro modo di fare politica, di ordinare ogni azione al principio di umanità. Dobbiamo mettercela tutta per costruire una società sui valori che ancora ci insegnano cinque giovani, martiri della libertà”.

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