Consegnate durante la tradizionale cerimonia al Teatro Dal Verme, le Civiche Benemerenze conferite dal Comune di Milano in occasione di Sant’Ambrogio, patrono cittadino.
Prima di parlare degli Ambrogini 2024, vorrei brevemente ricordare Paolo Pillitteri, scomparso due giorni fa. E’ stato parlamentare e, soprattutto, è stato Sindaco di Milano a cavallo tra gli ultimi anni 80 e i primi 90. Ha molto amato la nostra città, l’ha amata senza alcun dubbio. Ha gestito una transizione non facile, una delle tante transizioni che hanno caratterizzato il periodo tra il dopoguerra e oggi. L’ha fatto con spirito battagliero e passione. Ha vissuto intensamente, tra soddisfazioni e sofferenze, cercando di non perdere mai quel sorriso che ce lo fa ricordare. Un abbraccio ai suoi familiari. Anno dopo anno, ogni 7 dicembre sfilano davanti a me, davanti a noi, decine di premiati: uomini e donne che fanno per bene le loro professioni, che contribuiscono al bene delle persone che lavorano con loro e che, soprattutto, contribuiscono in modo decisivo al bene della città tutta. Mi domando sempre cosa faccia di loro un esempio e insieme uno sprone ad andare avanti, a rendere Milano una città speciale, come anche questa giornata dimostra. Molte possono essere le risposte, è ovvio. Ma le ragioni per cui quest’anno è stata assegnata all’ISPI (l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) la Grande Medaglia d’Oro ci danno degli indizi. Innanzitutto, che non possiamo mentire a noi stessi. Diciamoci la verità, siamo un po’ avvolti da una nebbia di incertezza, di smarrimento del senso comune, di difficoltà a individuare ciò che è vero e ciò che è falso. E’ una nebbia in cui tutto si confonde, i meriti, gli interessi, gli schieramenti e anche in chi si può, o si deve, aver fiducia. E’ una nebbia da cui, ed è un peccato, non emerge più nessuno: le fortune politiche e i consensi sono effimeri, tutto sembra destinato a sciogliersi nel nulla. Questo senso di confusione, di indefinitezza colpiscono in particolare i giovani, che vediamo spesso arrancare alla ricerca di sensi più profondi di quelli offerti loro dal mare delle opinioni. È quasi banale osservare quanto il mondo sia diventato più complesso: si complica tutto, il numero delle questioni sul tavolo, la loro intrinseca connessione, la velocità delle loro evoluzioni. Di contro, il nostro mondo risponde per lo più alla complessità con la banalizzazione, alla velocità dell’evoluzione con l’urlo delle parole d’ordine e delle prese di posizione ideologiche (ma di quali ideologie poi…?). A mio avviso, la risposta è una: studiare. Studiare. Studiare con grande dedizione. Una volta la saggezza popolare suggeriva a tutti, potenti e non: “Prima di parlare, taci”. Oggi potremmo suggerire al mondo, alla nostra Milano e a ciascuno di noi: “Prima di parlare, studia”. E’ questa la lezione che incarna alla perfezione, pur nella complessità della storia del nostro Paese, l’ISPI, che, come detto, oggi festeggiamo con la Grande Medaglia d’Oro. Basta aprire il sito di questa istituzione per capire che esiste un luogo dove, finalmente, ognuno di noi può confrontarsi in modo credibile con la complessità del nostro mondo. E’ come ricominciare ad allargare il pensiero, acquisire una rotta che ci consenta di vedere e comprendere la realtà da una prospettiva diversa, più ampia e completa. Si è eccessivamente confinati nel dibattito, spesso sterile, sul nostro Paese, con il rischio di perdere la visione d’insieme e la capacità, se non di comprendere, almeno di accogliere la complessità. L’ISPI, che abbiamo la fortuna di avere nella nostra città, è una vera risposta a questo limite: come questa stessa istituzione afferma “all’ISPI proviamo da sempre a coniugare l’approfondimento con la rapidità, l’analisi con il contingente. Ci impegniamo, a maggior ragione, a farlo oggi, nel nostro mondo confuso, dove la velocità e la razionalizzazione dei fenomeni complessi non sembrano talvolta andare di pari passo. Dove è facile cadere nella pericolosa tentazione di dare risposte semplici a problemi difficili”. “Riteniamo nostro dovere” – si legge sempre nel sito – “offrire una chiave di lettura alla complessità. Occorre farlo con la prontezza che i nostri tempi richiedono e con i mezzi tecnologici e di diffusione che il progresso ci offre. Ma con il rigore e la profondità che è il vanto della nostra tradizione. È questo il senso, oggi, del nostro cambiare: farci nuovi per rimanere noi stessi, offrendo alle Istituzioni, alla società civile e al mondo economico del nostro Paese uno strumento per leggere il mondo, coniugando, appunto, rapidità e approfondimento”. Per questo sono particolarmente lieto di questo riconoscimento. È la risposta di una città, Milano, che non vuol arrendersi alla banalità del mainstream, che non rinuncia alla volontà di reinventarsi, che vuole continuamente fare della conoscenza l’occasione e il motore della sua evoluzione, della sua identità, della sua ferma determinazione ad essere uno dei centri di elaborazione di un nuovo mondo. Noi vogliamo continuare ad essere una città aperta e accogliente non solo delle vite di chi bussa alle nostre porte bensì delle idee, dell’innovazione e delle nuove sintesi che determineranno il futuro dei nostri figli e di quelli degli altri. Questo premio è la risposta di Milano a chi non studia e, invece, vive di slogan, di invettive, senza mai rendersi conto della responsabilità di dare qualche risposta di visione e di concretezza alla nostra fame di comunità. Milano ha tutto per rispondere a questa sfida, come la storia dell’Ispi dimostra. Abbiamo le università, le imprese, il terzo settore, le associazioni e quanto è necessario per essere protagonisti di questa riflessione. Il mio è un appello e vuole essere uno sprone a superare le banalità e a studiare insieme il mondo di domani. Cerchiamo di vivere da staffette del nuovo mondo, come fece Sandra Girardelli, che non a caso premiamo oggi. Sull’esempio dell’ISPI, non arrendiamoci all’opinione, ormai purtroppo comune, che non si distingue più tra il vero e il falso. Continuiamo a credere nella forza della cultura e della conoscenza. E non dovremo più abbassare gli occhi di fronte alle domande dei nostri figli.
Giuseppe Sala, sindaco di Milano
Buongiorno a tutte e a tutti, è con grande onore ed emozione che oggi ho la responsabilità di indossare questo straordinario abito, simbolo di una storia che merita di essere raccontata e ricordata. Nello stesso teatro dove un mese fa abbiamo assistito alla proiezione del film “Liliana”, dedicato alla senatrice Segre, ci ritroviamo nuovamente a riflettere sulle vicende di una famiglia e su una realtà milanese tragicamente spezzate dal fascismo e dalle leggi razziste. La storia è quella della casa moda Finzi di via Manzoni a Milano, che all’inizio del ‘900 era diventata il punto di riferimento per la moda italiana. Con l’avvento del fascismo, a causa dell’origine ebraica dei suoi fondatori, la maison fu costretta a chiudere e i suoi proprietari, i fratelli Edgardo e William, furono in seguito assassinati nei campi di sterminio. Prima di venire deportati, i Finzi lasciarono il bozzetto di un abito da sera sfuggito alle devastazioni del fascismo, e che è conservato ancora oggi nella Biblioteca Nazionale Braidense. È partendo da quel disegno ritrovato che gli studenti di IED Milano hanno saputo ridare vita a una storia che deve continuare a essere narrata. Questo progetto, Il Filo Spezzato, è un tributo non solo ai fratelli Finzi, ma anche a tutte le esistenze schiacciate dalla violenza nazifascista. All’interno dell’abito è riportata una dedica di William al figlio Silvano, voglio ricordare, entrambi partigiani. La dedica recita così: “Perché il tempo ci trovi sempre uniti”. Questa frase vuole legare idealmente tutte le generazioni e gli enti che hanno partecipato all’iniziativa. Indossare questo vestito, quindi, non è soltanto un onore e una responsabilità, ma anche un grande privilegio. Questo abito trascende la sua storia personale, portando con sé il potere di connettere diverse generazioni attraverso un’esperienza condivisa di studio, ricerca e creatività artistica. Rappresenta non solo un omaggio al passato, ma anche un momento significativo per la nostra città, che per l’occasione arricchisce e rinnova la consuetudine di questa cerimonia di consegna delle Civiche benemerenze. È stata scelta, insieme al Sindaco, questa cornice perché il 7 dicembre, ogni anno, si celebrano e si premiano le eccellenze milanesi. Vogliamo dunque attribuire, attraverso la testimonianza e il ricordo, un riconoscimento collettivo a una realtà il cui nome era sinonimo di eleganza e innovazione. Spetta a tutti noi ricordarne l’impegno e la storia. Ringrazio quindi chi ha reso possibile tutto questo: la creator lead Marta Nava e l’art director Guido Lo Pinto, ANPI, Fondazione Cariplo, IED con Luca Minora e Silvia Marsano. Il paziente supporto di “Milano è Memoria” con Luca Gibillini. Grazie anche all’Associazione Figli della Shoah, che purtroppo oggi non potrà essere con noi qui sul palco fisicamente ma sono con noi con il cuore e il pensiero. E un grazie infine a Silvano Finzi che ci ha fatto entrare con affetto e delicatezza nella storia della sua famiglia.
Elena Buscemi, presidente del Consiglio comunale di Milano
