Quando si parla di personal branding in Italia la persona di riferimento è una: Riccardo Scandellari. Parlare con Skande – così lo si trova sui social e sul blog omonimo, tra i più letti in Italia tra chi vuole formarsi in ambito personal branding – è sempre un’esperienza da cui si esce arricchiti.
È un professionista serio e in un mercato in cui spiccano venditori di nulla e persone presuntuose lui è piacevolmente spontaneo.
Non ti sei sempre occupato di Marketing, ci puoi raccontare gli inizi?
Nel 1992 lavoravo in una fonderia: lì ho conosciuto il mio socio Rudy Bandiera. Per un po’ di anni abbiamo preso strade diverse: io avevo una copisteria in un centro commerciale. Sviluppavo i primi siti internet letteralmente scrivendo il codici. Erano gli albori di internet, delle reti di persone che ora chiamiamo social network: insomma l’inizio di una rivoluzione.10 anni dopo ho rincontrato Rudy per caso a Roma e le nostre strade si sono intrecciate umanamente e professionalmente, infatti, insieme abbiamo fondato Netpropaganda.
Meglio imprenditore o dipendente?
Sono stato per 10 anni dipendente e per i successivi 20 imprenditore.
Negli ultimi mesi alcuni dei miei contatti, dopo anni di stress dovuto al dover trovare sempre nuovi clienti, pagare le tasse, lottare contro l’enorme burocrazia, gestire i dipendenti e far quadrare i conti, sono diventati dipendenti di aziende.
All’inizio erano molto soddisfatti di essere passati a una vita meno gravata dalle responsabilità e dall’incertezza. Dopo qualche tempo, però, hanno iniziato a manifestare un malessere insolito e non meno ingombrante: la mancanza di libertà.
Un libero professionista o un imprenditore ha un unico grande vantaggio: la scelta. Sceglie se un cliente gli piace o meno, seleziona le persone che lavoreranno con lui e, soprattutto, può gestire il proprio tempo. La massima libertà in cambio di una grande responsabilità.
Il dipendente – a meno che non sia un manager di alto livello – ha alcune certezze e minori responsabilità, ma in cambio deve convivere in un ecosistema di persone che non può sostituire, ha spesso degli obblighi di orario e non decide la direzione in cui andare.
Non si può avere tutto: ogni scelta nella vita comporta rinunce e vantaggi. Quindi, prima di decidere se essere dipendenti o indipendenti, dobbiamo fare i conti con noi stessi, con il nostro carattere, le nostre paure e l’obiettivo della nostra vita.
Il tuo ultimo libro è diverso dagli altri, ci spieghi come?
“La scimmia nel cassetto”, edito da Hoepli, è diverso dai miei libri precedenti. Nel cassetto teniamo le cose più preziose, i sogni e tutto ciò che non abbiamo il coraggio di essere o mostrare. Tutti noi abbiamo progetti, obiettivi e aspirazioni, vere e proprie scimmie che rimangono intrappolate, che non possono nemmeno urlare per la frustrazione di dover restare chiuse in un cassetto. In silenzio. Che cos’è peggio, fallire o la paura di fallire? Esprimere il proprio pensiero ed essere criticati o soffrire in silenzio senza dire nulla? Mettersi in gioco o rimanere nell’incertezza per non averci provato? Ho notato in questi anni di non essere solo, quindi ho realizzato questo manuale di comunicazione per introversi.
Si va oltre il marketing quindi?
Esiste un istinto, un bisogno primordiale che impone all’essere umano di raccontare e raccontarsi. Questa indole incontra la propensione, altrettanto umana, di ascoltare storie attraverso cui è possibile imparare. Tale scambio può accrescere la fiducia, la stima e la vicinanza nei confronti di chi espone sé stesso al giudizio degli altri. Possiamo chiamare questo istinto primordiale col nome di “marketing”. Non si tratta di diventare famosi o leader di qualche settore, ma di alzarsi sopra il rumore. In un’economia basata sulla connessione, le aspettative che gli altri ripongono in te rappresentano il tuo vero valore» sottolinea l’autore, che conclude: «La vita cambia solo nel momento in cui prendiamo una decisione nuova, ragionata, sostenibile e ci impegniamo per realizzarla. Quando facciamo uscire la scimmia dal cassetto. Perché in un qualsiasi racconto di successo il protagonista non è l’eroe, ma chi si appassiona alla narrazione.
Hai scelto dei luoghi insoliti per presentarlo, vero?
Ne ho fatte pochissime di presentazioni in passato, ma questa volta farò uno strappo alla regola. Non volevo presentare il libro nelle librerie come si fa di solito; quindi, ho cercato luoghi dove si lavora, ci si incontra e in cui la passione per un obiettivo accomuna le persone. Si è mai vista la presentazione di un libro in una concessionaria d’auto? Ho deciso di presentare il mio ultimo libro in luoghi dove la gente produce, crea ricchezza e cresce professionalmente.
Dopo la prima tappa nella tua Ferrara, arrivi a Milano?
La prossima tappa è Milano: lunedì 27 maggio sarò ospite di LinkedIn.
Con oltre 77.000 follower su LinkedIn, il social network professionale più grande al mondo, la sede milanese in piazza Freud 1 del è un altro luogo, insolito e ideale, per presentare la pubblicazione.
La tua attività va oltre i libri: sei consulente presso aziende, ma insegni anche…
Sono docente di marketing, comunicazione e Personal Branding per Scuola Holden, IUSVE, CUOA Business School, Master in Giornalismo UNIBO e Mediolanum Corporate University.
Di Riccardo Scandellari si apprezza la chiarezza: i concetti che esprime sono sempre privi di fronzoli, arriva al centro della questione e si confronta con una naturalezza incredibile. Parlare con lui è sempre un’esperienza di altissima qualità: capisci quanto stia ascoltando per darti un riscontro di qualità, ragionato e di autentico arricchimento.

“La scimmia nel cassetto”, edito da Hoepli, è diverso dai miei libri precedenti. Nel cassetto teniamo le cose più preziose, i sogni e tutto ciò che non abbiamo il coraggio di essere o mostrare. Tutti noi abbiamo progetti, obiettivi e aspirazioni, vere e proprie scimmie che rimangono intrappolate, che non possono nemmeno urlare per la frustrazione di dover restare chiuse in un cassetto. In silenzio. Che cos’è peggio, fallire o la paura di fallire? Esprimere il proprio pensiero ed essere criticati o soffrire in silenzio senza dire nulla? Mettersi in gioco o rimanere nell’incertezza per non averci provato? Ho notato in questi anni di non essere solo, quindi ho realizzato questo manuale di comunicazione per introversi.