Pietro Bastanzetti e Luigi Caronni sono due protagonisti della Resistenza saronnese: alla loro memoria sono state collocate negli anni scorsi due pietre d’inciampo davanti alle loro abitazioni. Scopriamo chi sono e qual è stata la loro storia.
Lo scenario storico
Se si vuole studiare la storia della lotta antifascista nel Nord Italia, un passo nevralgico è costituito dall’ondata di scioperi che si verificò tra il 1943 e il 1945 nei principali centri industriali. Dopo vent’anni di passività i primi segnali di agitazione si ebbero verso la fine del ’42, sotto forma di brevi movimenti limitati a singole fabbriche. Per capire quale fosse il significato di uno sciopero, occorre tener presente che sotto il fascismo lo sciopero era inserito come reato nel codice penale, aggravato se portato avanti in stato di guerra.
Nella nuova ondata della primavera del 1944 il saronnese fu una delle aree geografiche a prendere per prima l’iniziativa. La risposta delle autorità militari non tardò e si abbatté pesantemente sugli operai, estendendosi anche a sospettati di sentimenti antifascisti: si voleva così dar monito a tutta la popolazione.
Vittime di questa attività repressiva furono anche due saronnesi, Pietro Bastanzetti e Luigi Caronni, i cui nomi emergono dalle testimonianze dei sopravvissuti e dalle notizie storiche dell’epoca. Due sono le pietre d’inciampo posate nel 2019 e 2020 in memoria dei cittadini periti nei campi di concentramento.
Pietro Bastanzetti
N ato a Vittorio Veneto nel 1901, giunse ancora in fasce a Milano con la famiglia e a 12 anni iniziò a lavorare, portando avanti gli studi serali fino alla scuola media inferiore. Si trasferì a vivere a Saronno negli anni ’30, in virtù del matrimonio con una donna colombarese.
Rifiutò sempre di iscriversi al Partito Nazionale Fascista (P.N.F.) e, durante il periodo “badogliano”, diede vita, insieme ad altri compagni di lavoro, al primo accenno di democrazia sindacale, la “commissione interna”. Alla Motomeccanica S.p.a di via Oglio 18, Milano, dove lavorava come capo del reparto “macchinario pesante”, venne scelto dagli operai per rappresentarli. Nel ’43, subito dopo l’Armistizio, e la successiva instaurazione della Repubblica di Salò, l’organismo entrò nella clandestinità e promosse gli scioperi del ’43-’44. La rappresaglia nazi-fascista fu immediata: lo sciopero organizzato nel marzo 1944 infatti scatenò una feroce ondata di violenza portata avanti al fine di soffocare il movimento operaio. Hitler pretese di deportare nei campi di concentramento il 20% degli scioperanti, ma le disposizioni non furono poi attuate del tutto poiché il comando tedesco in Italia, preoccupato di non riuscire effettivamente a controllare un’insurrezione operaia estesa, cercò di mitigare le misure punitive decise dal Fürer.
In seguito agli scioperi, i membri della “commissione” di cui faceva parte Pietro Bastanzetti, vennero denunciati e arrestati. Morì il 2 giugno 1944, in Germania, nel campo di Mauthausen.
Luigi Caronni
N ato a Saronno nel 1906, edicolante, di lui erano noti i sentimenti antifascisti, tuttavia non era attivo politicamente, non aveva aderito ad alcun partito, era più semplicemente contrario alla dittatura e alla guerra. Vittima di una denuncia anonima, fu arrestato dalla Guardia Nazionale Repubblicana di Saronno, particolarmente attiva nel coadiuvare le azioni della polizia militare tedesca.
Erano infatti circa le 22 di venerdì 3 marzo 1944 quando Luigi Caronni, saronnese di nascita, trentotto anni, edicolante e titolare della agenzia di distribuzione di giornali a Saronno del tempo, si trovava nel retrobottega per preparare la “resa” – la restituzione delle copie invendute -, quando sei individui in divisa della Guardia Nazionale Repubblicana irruppero nel portone dell’allora via Milano 2 (oggi via L. Caronni 2) e lo arrestarono. Non gli fu concesso di avvertire i familiari che si trovavano nell’abitazione sopra il negozio e la sorella Gianna, il mattino successivo trovò la luce accesa e la porta spalancata, il lavoro interrotto e nessuna traccia del fratello.
Luigi fu portato inizialmente al piazzale del Santuario, dove si trovava un autocarro in attesa di altri prigionieri, e poi in seguito al distaccamento della Guardia Nazionale Repubblicana, in via Copernico a Milano. Da qui Caronni venne trasferito al carcere di San Vittore da dove, dopo due settimane di permanenza, giunse a Bergamo, alla caserma del 78° di fanteria e dove incontrò il Bastanzetti.
Qui gli venne affidata la mansione di “spesino”, per cui, sotto l’attenta e armata vigilanza tedesca, usciva ogni giorno per un giro nei negozi ad acquistare, con le tessere annonarie, quanto concesso e disponibile per i compagni di prigionia. Questa suo ruolo suggerì al cognato di Caronni, Luigi Castiglioni, un progetto temerario: si recò in automobile a Bergamo, per il cui uso aveva un permesso dato dalla professione e, una volta iniziato il giro di routine per i negozi, seguì Luigi scortato dal tedesco e al momento opportuno gli suggerì al parente, in dialetto, di fuggire immediatamente e salire sull’auto che l’aspettava; Castiglioni stesso avrebbe provveduto al soldato nazista. Caronni, consapevole che la sua fuga avrebbe causato la fucilazione di altri dieci prigionieri, rifiutò.
Arrivò al campo di Mauthausen con “il trasporto” dell’8 aprile 1944, dove venne spogliato del proprio nome e cognome per vedersi assegnato un numero: il 61595. Il 7 maggio successivo fu assegnato al sottocampo di Gusen, per i lavori forzati. Qui morì a 39 anni.
