Come è noto, in caso di morte del pensionato o del lavoratore in possesso dei requisiti di legge per il diritto alla pensione di vecchiaia o di invalidità, i familiari superstiti hanno diritto a un trattamento pensionistico erogato dall’Inps.
Il trattamento pensionistico erogato dall’Inps può consistere nella pensione di reversibilità, se liquidata alla morte del pensionato, oppure nella pensione indiretta, se liquidata in seguito al decesso dell’assicurato non titolare di pensione.
Tra i parenti beneficiari di questo diritto vi sono il coniuge, oppure l’unito civilmente.
Per quanto attiene al coniuge superstite, si ricorda che ha diritto al trattamento pensionistico anche il coniuge separato o al coniuge divorziato, titolare di un assegno divorzile in forza di una sentenza del Tribunale.
Se il coniuge titolare di un trattamento pensionistico si è risposato, la pensione di reversibilità spetta sia ad entrambi i coniugi, quindi sia al coniuge di prime nozze che al coniuge superstite.
In altri termini, se oltre al coniuge superstite vi sono altri coniugi divorziati, la pensione viene ripartita tra tutti gli aventi diritto.
La ripartizione in quote viene effettuata dal Tribunale competente sulla scorta della durata dei matrimoni, delle condizioni economiche degli aventi diritto, l’ammontare dell’assegno divorzile, nonché, della durata dell’eventuale convivenza intercorsa prima dell’unione matrimoniale.
La Giurisprudenza, infatti, ritiene che pure il periodo di tempo di convivenza trascorso con il de cuius può avere rilievo ai fini della determinazione della quota spettante al coniuge.
Deve però trattarsi di una convivenza effettiva: “il coniuge interessato – spiegano gli Avvocati Alessandra Giordano ed Elena Laura Bini – deve provare la stabilità e l’effettività della comunione di vita precedente al proprio matrimonio con il de cuius.
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