di Paolo Rausa – presidente Associazione per la salvaguardia e la valorizzazione di Viboldone
Demolire l’addobbo floreale e sequestrare la statua della Madonna a Viboldone è un’azione vandalistica: non c’è dubbio. Sfugge il suo significato. Perché prendersela con una edicola votiva su una strada dis/abitata in un borgo rurale in degrado? Siamo tutti chiamati a dare delle risposte: la Chiesa, le Istituzioni, la Proprietà, noi Cittadini. Si è perso il senso delle cose: questo è il minimo. Quella edicola serviva a rendere più agevole il viaggio dei pellegrini, posti sotto la sua custodia, la Vergine Maria. Ora è stata sottratta, sequestrata la custode della comunità in viaggio. Non distrutta. Come se si volesse mettere in risalto e denunciare l’inadeguatezza della nostra propensione alla spiritualità, al Divino, come se fossimo indegni e ipocriti nel voler rendere omaggio alla «Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura”. Così Dante nel XXX Canto del Paradiso a conclusione della Commedia. Si aggiunga il fatto che da diversi decenni ormai quel borgo langue senza un progetto di recupero realizzativo. A degrado si somma degrado. Se vogliamo evitare questi spiacevoli episodi che trascendono la nostra civile convivenza, allora ognuno deve fare la sua parte e intraprendere quelle azioni che portino all’armonia sociale, urbanistica, paesaggistica e spirituale. Altrimenti sarà il caos a dominare il nostro vivere comune. Perciò un appello è doveroso nei confronti della Società Agricola Viboldone affinché muova i primi passi nella direzione di una ripresa di interessi e di azioni per rendere il borgo rurale abitato e vivo, per riportare quel benessere da tutti auspicato.
