Nell’ambito della Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid, l’amministrazione comunale ha commemorato le 51 donne e uomini pievese mancate a causa del coronavirus 19. Numerosi i presenti, a testimonianza che specialmente chi è stato toccato più da vicino ha bisogno di ricordare e dell’abbraccio della comunità.
Buongiorno a tutti e grazie per la vostra presenza. Voglio rivolgere il mio primo saluto a parenti e amici delle 51 vittime di Pieve Emanuele che il covid ha portato via alla nostra comunità. Saluto e ringrazio inoltre Don Bernardo e i rappresentanti delle istituzioni qui presenti. Sarò onesto: quest’anno ci siamo chiesti se fosse il caso di continuare ad onorare questa giornata con questo momento solenne. Ci siamo chiesti se anche voi familiari non voleste in fondo mettere da parte i ricordi più duri e se questo non diventasse un momento che andasse ad obbligarvi ad un confronto ancora una volta con quel dolore. Alla fine, in realtà ci siamo detti che i tempi non sono ancora maturi, pensiamo sia ancora troppo presto per liquidare il dramma che abbiamo vissuto e relegare tutto ad un manifesto o una dichiarazione diramata online, è ancora presto inoltre perché non credo abbiamo fatto ancora nostri gli insegnamenti che il covid ci ha imposto. Mi riferisco innanzitutto al fatto che un paese civile nel 2024 dovrebbe garantire un sistema sanitario di qualità e accessibile a tutti, che vada incontro alle esigenze dei pazienti e si occupi anche dei suoi medici. Non abbiamo imparato la lezione perché quelli che all’inizio della pandemia abbiamo chiamato eroi cioè il personale sanitario, oggi scappano dalle strutture pubbliche perchè sfruttati al massimo, spesso sotto organico e mal pagati. Allora non eravamo pronti, ma se succedesse di nuovo, oggi? Se una nuova pandemia si diffondesse? Sinceramente non so se saremmo preparati. Le lunghe liste di attesa e le difficoltà a gestire la domanda sanitaria ordinaria dei territori rappresentano una criticità del sistema ancora irrisolta che incide pesantemente sulla vita quotidiana di ognuno di noi. Vedete, io sono una persona molto pratica e penso che le giornate del ricordo, della memoria e le giornate come questa siano importantissime, ma diventano solo una parata se poi non si fanno seguire i fatti. Nel nostro piccolo a Pieve Emanuele, quei fatti stiamo cercando di farli anche se è giusto ricordare che l’ ambito sanitario non sarebbe propriamente di nostra competenza. Per sopperire inizialmente alla mancanza di medici di base del nostro territorio, abbiamo dato vita al Centro di Cultura Sociosanitaria: in via Mascagni oggi riusciamo a dare una risposta medico sanitaria adeguata ai nostri cittadini e in più cerchiamo di fare cultura della salute, grazie alla presenza di un sociologo e incontri in cui si spiega alle persone come evitare alcune patologie adottando abitudini corrette. Oggi il CCSS è diventato un esempio, un punto di riferimento anche per molti altri comuni e puntiamo ad avere un riconoscimento formale da parte di Regione Lombardia. Pieve Emanuele insieme ai suoi medici e da poco anche a un gruppo di volontari, la sua lezione dal covid l’ha imparata e messa in campo. Il secondo insegnamento è che dobbiamo godere della gioia di stare insieme: dopo Codogno, il lockdown, Bergamo e quei camion militari agghiaccianti, il Papa da solo sulla scalinata di San Pietro a Pasqua ci eravamo ripromessi di uscirne migliori, più propensi a pensare al prossimo e a condividere con gli altri una libertà di cui in quel momento eravamo stati privati. Non so se ne siamo usciti migliori, ma invito i miei concittadini a unirsi, a stare insieme, a partecipare: la socialità e la condivisione sono aspetti importantissimi su svariati livelli. È per questo motivo che serve ancora
incontrarci di persona, abbracciandoci nel ricordo dei nostri cari, in barba al covid che ci ha tenuti distanti e divisi, che ci aveva resi diffidenti gli uni degli altri: a lui che ci ha piegato, ma non ci ha spezzato.Pierluigi Costanzo, sindaco di Pieve Emanuele.
