Il Comune di Segrate ha confermato anche quest’anno la volontà di celebrare il Giorno della Memoria con le ragazze e i ragazzi della scuola secondaria di primo grado “Sabin”, una tradizione radicata che coinvolge due istituzioni cittadine.
I momenti commemorativi hanno previsto anche un appuntamento al Centro Verdi per la proiezione dello spettacolo “Hetty Hillesum – Un cuore pensante da Amsterdam ad Auschwitz 1941-1943” promossa con ANPI Segrate – sezione Nilde Iotti.
Le parole del primo cittadino
Ai segratesi più giovani ho fatto conoscere un nostro concittadino. Si chiamava Carlo Golinelli e abitava in via Radaelli 17 a Lavanderie. Forse qualcuno avrà sentito questo nome perché abita nella via a lui intitolata. Aveva poco più dell’età dei nostri studenti quando un giorno di ottobre del 1944 venne catturato dai soldati nazisti a soli 500 metri dalla scuola di Milano 2. Cosa aveva fatto? Nulla di particolare. Per gioco teneva in spalla un fucile che aveva trovato con gli amici perlustrando una delle postazioni antiaeree abbandonate e incustodite nella nostra città. Fu scambiato per un partigiano e deportato nel campo di concentramento di Mauthausen, dove venne assassinato. Nessuno dei suoi familiari e amici lo vide mai più. Ho detto ai ragazzi che nei panni di Carlo ci sarebbero potuti essere anche loro. Carlo è una delle milioni di vite spezzate dalle barbarie nazifasciste, una follia collettiva che colpì l’Europa non secoli fa, ma ottanta anni fa.
Il Giorno della Memoria non deve riguardare solo quello che accadde nella prima metà del secolo scorso. La Shoah, per il suo carattere unico e terribile, è una lezione universale. Nell’arco di un quinquennio il regime nazista cancellò la vita di sei milioni di donne, uomini, bambini selezionati allo sterminio solo in quanto ebrei. Soltanto la sconfitta militare evitò che Hitler e Mussolini raggiungessero il delirante obiettivo di sterminare l’intero popolo ebraico.
Per brama di conquista, alimentata dalla folle concezione di superiorità razziale, il nazismo scatenò una guerra che provocò 55 milioni di morti. La Shoah quindi riguardava e riguarda tutti, non soltanto gli ebrei che ne furono le vittime designate. In quegli anni orrendi dominati dalla violenza e dall’odio furono posti a rischio il concetto stesso di uomo e il suo futuro. Milioni di donne, uomini, ragazzi come il nostro Carlo, bambini, persone di etnia rom, omosessuali, dissidenti, testimoni di Geova, malati di mente, disabili, furono fucilati, fatti morire di fame, sterminati nelle camere a gas o bruciati nei forni o nelle fosse comuni.
I responsabili della Shoah non furono soltanto un piccolo manipolo di criminali o un’avanguardia fanatica e sanguinaria. Per far funzionare la macchina dello sterminio vennero coinvolte almeno un milione di persone. Tra questi industriali, ferrovieri, impiegati, medici, ingegneri, chimici, giuristi, poliziotti e comuni cittadini di tutta Europa che sostenevano le atrocità nazifasciste o peggio ancora ne erano indifferenti perché non li riguardava da vicino. In Italia, sotto il regime fascista di Mussolini, la persecuzione dei cittadini italiani ebrei non fu all’acqua di rose come a qualcuno fa comodo pensare e raccontare. Fu al contrario feroce, spietata e tutta di matrice italiana!
La memoria di quelle vittime innocenti è un patrimonio dell’intera umanità che va preservato e trasmesso alle nuove generazioni perché si abbia orrore di quegli orrori. È per questo che oggi ne abbiamo parlato in una scuola. Ma per fare davvero i conti con la Shoah non dobbiamo rivolgere lo sguardo soltanto al passato: il virus della discriminazione, dell’odio, della sopraffazione, del razzismo e dell’indifferenza non è confinato a 80 anni fa, ma attiene strettamente ai comportamenti dell’uomo ed è purtroppo sempre presente. Basta vedere cosa accade ora nel mondo tra guerre e privazioni delle libertà individuali, basta leggere i commenti sui social network intrisi di odio, prepotenza e bullismo, o più semplicemente assistere senza indignarsi a una partita di calcio mentre un giocatore viene ripetutamente offeso per il colore della sua pelle, come recentemente è accaduto al portiere del Milan Mike Maignan.
Debellare questo virus riguarda il nostro futuro e quello dei vostri figli, riguarda il destino stesso del genere umano.
Paolo Micheli, sindaco di Segrate.

Ai segratesi più giovani ho fatto conoscere un nostro concittadino. Si chiamava Carlo Golinelli e abitava in via Radaelli 17 a Lavanderie. Forse qualcuno avrà sentito questo nome perché abita nella via a lui intitolata. Aveva poco più dell’età dei nostri studenti quando un giorno di ottobre del 1944 venne catturato dai soldati nazisti a soli 500 metri dalla scuola di Milano 2. Cosa aveva fatto? Nulla di particolare. Per gioco teneva in spalla un fucile che aveva trovato con gli amici perlustrando una delle postazioni antiaeree abbandonate e incustodite nella nostra città. Fu scambiato per un partigiano e deportato nel campo di concentramento di Mauthausen, dove venne assassinato. Nessuno dei suoi familiari e amici lo vide mai più. Ho detto ai ragazzi che nei panni di Carlo ci sarebbero potuti essere anche loro. Carlo è una delle milioni di vite spezzate dalle barbarie nazifasciste, una follia collettiva che colpì l’Europa non secoli fa, ma ottanta anni fa.