Maturata la scelta di interrompere il rapporto matrimoniale, i coniugi devono affrontare e risolvere diverse questioni.
In primo luogo, i coniugi devono confrontarsi sulle questioni afferenti al mantenimento e ai diritti di visita dei figli minori o maggiorenni ma non economicamente sufficienti, e sul diritto di mantenimento da versare all’altro coniuge.
Nel caso in cui ci siano dei beni in comunione i coniugi, in mancanza di accordo, possono rivolgersi al tribunale per chiedere lo scioglimento della comunione e la divisione dei beni in comunione.
Sullo scioglimento della comunione familiare è intervenuta di recente la Corte di Cassazione che ha precisato che “a fronte della maturazione del fatto costitutivo del diritto del coniuge allo scioglimento della comunione familiare, deve procedersi alla divisione dell’intero compendio qualora le parti non abbiano espresso la concorde e specifica volontà di limitare la divisione solo ad una parte dei relativi cespiti, anche se i beni da dividere siano solo genericamente indicati, in quanto la loro specifica individuazione appartiene alla fase attuativa della divisione”(Cass. Civ. n. 16622 del 12 giugno 2023).
Nell’ipotesi in cui la comunione familiare sia composta da un unico bene, per esempio, un unico fabbricato e quindi, la sua divisione può comportare la presenza di alcune aree comuni accessorie necessarie per garantirne la fruizione ad entrambi i due ex coniugi, la Giurisprudenza ha chiarito che nel predisporre il progetto di divisione, il Giudice deve tener conto della diminuzione del valore complessivo che sarebbe causata dalla divisione anche di tali aree comuni accessorie nonché degli effetti che essa produrrebbe sull’efficienza, funzionalità e comodità dell’accesso ai fabbricati (Cass. Civ. n. 2983 del 31/01/2019).
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