La fase della rottura di un rapporto matrimoniale è particolarmente delicata e fonte di sofferenze.
Il dolore provato e il senso di fallimento per la definitiva chiusura del rapporto, sul piano giuridico, di norma non hanno rilievo.
Ci sono casi, però, nei quali i comportamenti messi a segno dal coniuge in costanza di matrimonio possono essere produttivi di un danno risarcibile.
Il discrimine tra le varie situazioni è dato dal comportamento tenuto dal coniuge, suscettibile di risarcimento, se produttivo di danno, nel caso sia violativo di un diritto matrimoniale.
La Giurisprudenza ha, infatti, chiarito che si è in presenza di illecito endofamiliare “in tutti quei casi in cui all’interno delle dinamiche relazionali che hanno come teatro la famiglia si consumi una lesione dei diritti della persona costituzionalmente garantiti in conseguenza di una violazione dei doveri familiari”, Cass. civ. Sez. I, 09/03/2020, n. 6518.
Ne deriva quindi che se la condotta dell’altro coniuge è produttiva di danno biologico di natura psicofisica, detto danno potrà essere suscettibile di risarcimento ai sensi dell’art. 2059 Cod. Civ.
Gli Avvocati Alessandra Giordano ed Elena Laura Bini precisano che “la condizione di afflizione causata dal comportamento del coniuge deve superare la soglia della tollerabilità e si deve tradurre, anche in relazione alle modalità e alla gravità del comportamento, in uno sconvolgimento tale da violare un diritto costituzionalmente protetto, per esempio il diritto alla salute o all’onore.
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