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“Consapevolezza ed etica delle professioni: così possiamo resistere alla mafia”

8 Marzo 2023
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Un auditorium particolarmente affollato di studenti e cittadini ha accolto lunedì 6 marzo Nando dalla Chiesa, per riflettere con il coordinatore di Libera Informazione, Lorenzo Frigerio, sulla presenza della ‘ndrangheta sul territorio e sui possibili anticorpi da attivare.

Il docente di Sociologia della criminalità organizzata ha ricordato che “la mafia sa cambiare identità, al Nord si presenta con giacca, cravatta e biglietto da visita, mantenendo la violenza come risorsa incisiva da usare in caso di bisogno. Di questa il Nord ha una paura notevole, non è abituato a battagliare con la ‘ndrangheta”.

I mafiosi sono rimasti, cercano di inserirsi nelle attività che il territorio considera legittime, non nel traffico di droga. Quello lo fanno, a livello internazionale, ma non tutte le locali lo attuano. La metà del fatturato sono gli appalti pubblici, Falcone lo diceva già nel 1992. Noi continuiamo a vedere la mafia come entità che si perfeziona attraverso la droga, ma Borsellino disse nel 1989 che la mafia esisteva anche prima e continuerà a esistere, perché le sue fonti di reddito le sa trovare, ovviamente commettendo reati più o meno visibili.

Nando dalla Chiesa

Appello alla vigilanza

Un appello alla vigilanza quello del professore, figlio del generale Carlo Alberto, ucciso dalla mafia il 3 settembre 1982 a Palermo, insieme con la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo: “Dobbiamo prestare attenzione quando pensiamo che i mafiosi siano cambiati o non ci siano più: ci sono, hanno dimostrato di aumentare di numero, esistono 25-26 locali in Lombardia, cambiano il rapporto con l’economia. Un imprenditore non si allea con un narcotrafficante, si allea con uno che fa il suo stesso lavoro, in modo diverso. Magari facendo pagare di meno. Dobbiamo smetterla di dire che la Lombardia sia una regione a insediamento non tradizionale: sono qui da 70 anni e una tradizione si crea in meno tempo. Certo non è una regione originaria, ma i mafiosi non sono arrivati adesso. Le tradizioni si fondano su famiglie radicate in più generazioni. La nostra rimozione è la prima condizione di successo delle mafie. Se un avversario non viene visto, non viene combattuto. Se non viene combattuto, vince”.

Un focus ha riguardato gli anticorpi da mettere in campo: “Se continuo a dire che i mafiosi non ci sono perché noi “abbiamo gli anticorpi”, do loro via libera. Contribuisco a disarmare una comunità. Noi ci siamo comportati così. Non li abbiamo visti nemmeno quando si sono scatenati nella stagione dei sequestri di persona, quando esercitavano il controllo del territorio. Lo abbiamo ignorato. Ho avuto contezza della totale infondatezza della teoria degli anticorpi quando ho svolto una ricerca sulla ‘ndrangheta a Reggio Emilia con Federica Cabras: lì, si diceva, hanno gli anticorpi. Non ci sono disoccupazione e analfabetismo, asili e scuole sono considerati tra i migliori al mondo, gli amministratori sono esempio di pragmatismo e città ordinate, c’è partecipazione e cooperazione, eppure c’era chi andava a chiedere voti a Cutro e oltre 100 imprese sono nelle mani della ‘ndrangheta. Quelli che la società considera anticorpi ci sono, ma i mafiosi hanno fatto lo stesso quello che hanno voluto, perché prevaleva la rimozione mancavano consapevolezza e senso di responsabilità”.

Insieme di valori

Dalla Chiesa si è detto preoccupato dalla debolezza del sistema economico: “E’ il punto fragile. La Lombardia ha il più forte movimento antimafia giovanile, dopo la Sicilia. Alcuni Comuni hanno assunto provvedimento importanti, c’è movimento nelle arti visive e nei teatri, in alcuni settori professionali. Sul cuore dell’economia zero. E pure sugli ordini professionali: è lì che bisogna intervenire”.

“Le forze dell’ordine fanno bene il loro lavoro e pure la magistratura. Ma può prevalere la tentazione della delega: ci pensano loro. Allora, quali sono gli anticorpi sociali?”, ha chiesto Frigerio. “Il nostro modo di pensare. L’insieme di valori che pratichiamo ogni giorno – ha risposto Dalla Chiesa – Una strategia è che l’università prenda fondamentalmente consapevolezza , come ha fatto la scuola 30 anni prima, che quanti si formano abbiano un’etica professionale che non sia solo di parola. È così che si resiste , perché questa è un’offensiva in piena regola e si può resistere. L’etica delle professioni non è un optional, se è viva allora si chiudono i varchi, non avremo più il medico che fa una falsa firma, lo psichiatra che spiega che uno è incompatibile con il carcere, i periti che certificano autostrade senza rifiuti tossici, il commercialista che aiuta le false fatture. Cambierebbe tantissimo”.

Esempi da seguire

Dalla Chiesa ha quindi richiamato esempi da seguire: “Gli esempi ci sono ma spesso non li vendiamo. Sono quelli a cui Milan Kundera riservava “la piccola immortalità”, persone che lasciano un segno, che fanno, ma che non sono conosciute. Quanti insegnanti fanno cose importanti e di cui non si sa nulla? Quanti amministratori, medici, sacerdoti. Non saranno eroi ma rendono bello il mondo. Sono da conoscere e da seguire. L’Italia è piena di gente che fa cose eccezionali. Se dobbiamo disegnare una strategia, per creare le condizioni per reggere le manovre avvolgenti della criminalità organizzata, è sapere che abbiamo tanta gente in cui credere. Questa è una lotta che si fa insieme. Non è più il tempo in cui Libero Grassi poteva essere falciato sull’uscio di casa mentre tutti facevano finta di niente. Nessuno è più solo. Se sai che la lotta si fa insieme, non pensi che stai rischiando. Se tutti hanno il senso della propria missione, se fanno le cose per cui dichiarano di essere nate, le cose cambiano. Si prendono responsabilità perché si crede in qualche cosa. Gli ideali vanno coltivati, rafforzati in continuazione. Se l’ideale rimane soltanto il denaro, quello è il mezzo di comunicazione col mafioso: piace a te e a lui, lo steccato non esiste, qua la mano. La loro cultura, oltre al denaro, è sangue e suolo, questo li tiene insieme. Mai sottovalutarli. Resiste alla mafia chi è sangue e suolo come loro: i familiari delle vittime, che non chinano la testa e non fanno valutazioni di convenienza”. Da qui il richiamo alla manifestazione annuale di Libera in cui centinaia di familiari di vittime si danno appuntamento per sentire recitare il nome del proprio caro, perché la loro identità sta lì dentro: “Sentir ripetere il nome fa sentire che è morto per una causa giusta”.

In sala erano presenti studenti di Liceo Rebora, Itis Cannizzaro, Ist Mattei e Is Puecher Olivetti che, grazie all’associazione “Libera”, organizzatrice dell’evento con l’Amministrazione comunale, si stanno preparando alla Giornata per le Vittime Innocenti di Mafia che si terrà a Milano il 21 marzo. Clelia La Palomenta, presidente della Commissione consigliare antimafia e legalità, ha annunciato che accanto agli amministratori locali partiranno da Rho cinquecento studenti, un piccolo esercito pronto a “prendere consapevolezza di quanto il professor Dalla Chiesa ci ha trasmesso”.

Il territorio risponde, è attento. Nei prossimi giorni avremo numerosi appuntamenti: la manifestazione del 21 marzo a Milano, una iniziativa il 22 al nostro parco della Legalità, lo spettacolo Pi Amuri la sera del 25 marzo al teatro civico de Silva. Stiamo poi avviando un lavoro importante sul tema dell’azzardo, del gioco patologico, un lavoro che coinvolge diverse risorse del territorio e che ci permetterà di consolidare la comunità attorno a valori solidi.

Nicola Violante, assessore alla Legalità.

Come i Giusti che abbiamo ricordato nel Giardino di via Redipuglia, ciascuno può combattere le ingiustizie che incontra lungo il suo percorso. A Rho, ed è la più grande sconfitta, per arrivare a 49 arresti di ‘ndrangheta non c’ è stata una sola segnalazione. Questo deve cambiare. Su questo dobbiamo lavorare. Ribadisco lo slogan che amo ripetere: a Rho la mafia c’è ma Rho c’è contro la mafia.

Andrea Orlandi, sindaco di Rho.

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