«Sos Ucraina. I miei nonni abitano al 13esimo piano di Cherson e vedono file immense di carri armati che vengono a bombardare». Le parole portano la firma di Nicole, mamma ucraina e papà italiano, studentessa di 9 anni della scuola elementare “Salvo D’Acquisto” di San Donato Milanese. Accademia un anno fa, all’inizio di marzo 2022. Il suo volantino, distribuito davanti alla piazza del Comune un anno fa, è stato la scintilla del libro scritto dal giornalista sandonatese Filippo Poletti dal titolo “Ucraina: grammatica dell’inferno”: in 240 pagine è presentata la cronaca di un anno di conflitto con la testimonianza delle donne ucraine arrivate a Milano dopo il 24 febbraio 2022 e accolte da Progetto Arca. Sarà proprio il giornalista a incontrare gli alunni delle tre quinte classi della scuola primaria di via Europa 38 mercoledì 8 marzo alle ore 8:45, giornata della donna, per riflettere sui temi della pace. All’interno della scuola, nel corso dell’anno scolastico 2022-2023 sono stati accolti nelle classi 3C e 5D due studenti provenienti dall’Ucraina.
I nonni di Nicole abitavano nella città portuale dell’Ucraina meridionale sul fiume Nipro, annessa lo scorso febbraio: dopo l’inizio della guerra sono fuggiti nell’Ucraina centrale. Incontrando Nicole nella piazza del Comune di San Donato mi sono detto: se la piccola della quarta elementare è scesa in piazza con i volantini, come giornalista ho il dovere di scendere nell’arena dell’editoria. Così ho fatto scrivendo “Ucraina: grammatica dell’inferno”
Filippo Poletti, giornalista e autore.
All’incontro alla scuola primaria saranno presenti gli studenti della 5A, 5B e 5C, le loro maestre Veruska Failla, Giovanna Coppetti, Giuseppina Scattarella e Fabiana Montana, e il preside Enrico Sartori.
145 mila profughi arrivati in Italia, per lo più donne e bambini
“Ucraina: grammatica dell’inferno” presenta le conseguenze che la guerra ha avuto sulla vita delle persone: più di 10 milioni, pari al numero degli abitanti della Lombardia, sono fuggite di casa, di cui 4,8 milioni registrate per la protezione temporanea in Europa e 5,4 milioni sfollate. Oltre 17 milioni hanno avuto bisogno di assistenza.
L’Italia ha accolto 145.829 profughi, l’84 per cento donne e bambini. È un numero rilevante, che, all’incirca, corrisponde alla popolazione di Foggia, Cagliari o quasi cinque volte gli abitanti di San Donato Milanese. Più del 60 per cento di loro ha trovato rifugio nel nord.
Tra di loro c’è ad esempio Halyna: «Ho 36 anni: la notizia dell’attacco all’ospedale di Mariupol del 9 marzo 2022 mi ha spinto a lasciare il mio Paese. Ho pensato che se non c’era pietà per i bambini, che sono il futuro, non ci sarebbe stata neanche per me. Ho preso l’essenziale, chiuso la porta e sono scappata in Italia». Oppure, ancora, c’è Caterina che dice: «Chiudo gli occhi e penso alla mia famiglia, ai miei figli prima di tutto e, poi, ai miei genitori. Il 24 febbraio 2022 è stato l’inizio della fine».
51 racconti di disperazione: 24 febbraio 2022 inizio della fine
Presentati in 51 grandi racconti, i principali fatti della guerra in Ucraina (dalla strage di Borodyanka a quelle di Bucha, Irpin, Kharkiv, Kramatorsk, Mariupol e Zaporizhzhia) sono commentati dalle profughe tra i 33 e 50 anni, indicate con il solo nome di battesimo così da rispettare la loro richiesta di non diffondere il cognome e renderle riconoscibili: «In Ucraina lavoravano – spiega Poletti, per anni firma delle pagine di cronaca di oltre 15 testate giornalistiche –. C’è chi faceva l’imprenditrice, chi l’ingegnere, chi la farmacista, chi la biologa, chi l’insegnante di danza, chi la traduttrice, chi la cassiera o la commessa, chi l’addetta alla reception. Il 24 febbraio 2022 hanno perso tutto».
Come documenta Irina, mamma di Arina, danzatrice di 15 anni ospitata all’Accademia ucraina di balletto con sede in via Quadronno a Milano, con l’invasione russa la vita degli ucraini è cambiata in un istante e in pochi giorni la maggior parte degli abitanti di Kiev è dovuta fuggire: «Sparavano alle auto sulla strada e l’intera città era ferma ai posti di blocco. Per tre o quattro giorni siamo rimasti in casa e abbiamo sentito solo esplosioni, spari dalla strada e il rumore dei carri armati e dei mezzi corazzati militari che viaggiavano lungo le strade».
Il grazie all’Italia e il sogno di un mondo governato dai bambini
A scaldare il cuore dei profughi è stata l’accoglienza ricevuta nel nostro Paese: «Grazie: questo è il primo pensiero che mi viene in mente. Grazie all’Italia e all’Europa che dicono di no, in tutti i modi, a questa guerra», confida Giulia.
Anche Aliona racconta la vicinanza del popolo italiano: «Solidarietà: ho sperimento e vissuto questa parola sulla mia pelle. Sono scappata passando da Leopoli e poi, tramite la Polonia, sono arrivata in Italia. Ho sperimentato la corsa alla solidarietà che, quando non hai più nulla, ti porta a sperare in una nuova umanità: un’umanità di vita e non di morte, di pace e non di guerra».
Da Natalia arriva questa proposta rivoluzionaria: «Se il mondo fosse in mano ai bambini, la guerra non esisterebbe. Sono un insegnante di una scuola materna che si trova vicino a Mariupol. Lavoro con i bambini da 18 anni: loro sanno che la guerra è brutta e che basta incrociare le mani e gli sguardi per fare la pace. Il mondo deve essere dei bambini».
