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Rho ricorda Agostino Casati a 50 anni dalla morte

10 Febbraio 2023
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Un mazzo di fiori sulla tomba al Sacrario dei partigiani al cimitero di corso Europa, la targa “Memoria e Libertà” davanti alla casa di via Matteotti 77, una mostra a lui dedicata e organizzata da A.N.P.I., un consiglio comunale aperto il suo ricordo. Così il Comune di Rho ha voluto ricordare l’8 febbraio 2023, esattamente a 50 anni dalla sua morte, Agostino Casati, che fu presidente del Comitato di Liberazione Nazionale di Rho e Sindaco della città nel 1945.

Il taglio del nastro per l’avvio della mostra ha visto protagonista il nipote Alberto, che ha collaborato all’iniziativa e ringraziato il Comune per questa giornata interamente dedicata al prozio.

Alle 20.30 il Consiglio comunale aperto, alla presenza di numerosi cittadini e degli ex sindaci Paola Pessina e Pietro Romano, è stato avviato dal presidente Calogero Mancarella, che ha evidenziato come Casati sia stato antifascista della prima ora, combattente nella guerra civile spagnola, principale artefice della Liberazione di Rho dalla dittatura nazifascista. Mancarella ha ricordato come Casati sia stato un testimone del coraggio e della determinazione che ha caratterizzato la Resistenza e ha espresso riconoscenza nei suoi confronti, per avere contribuito a consentire a tutti oggi di godere della libertà.

Gli interventi sono stati cadenzati da letture di testi autografi di Agostino Casati, proposte da Manuela Parisotto del Teatro dell’Armadillo. Un modo per farne emergere pienamente la personalità del “Sindaco della Liberazione”.

Mario Anzani, presidente della locale sezione di A.N.P.I., ha ricostruito la biografia di Agostino Casati, nato a Rho il 12 agosto 1897, pronto a soli 16 anni a intraprendere un’intensa attività politica e sindacale nel Partito Socialista e nel Sindacato dei Ferrovieri.

Fu tra gli organizzatori, nell’ambito del Partito Socialista, della frazione comunista. A Livorno, il 21 gennaio 1921 fu tra i delegati che abbandonarono la sede del congresso PSI, per recarsi nel contiguo Teatro San Marco onde fondare il Partito Comunista d’Italia. Quindi diede vita alla Sezione del Partito Comunista di Rho, assumendone la conduzione. I fascisti ne individuarono l’indirizzo. Andarono per prenderlo, ma egli era a Roma per impegni politici. Allora gli squadristi gli sfasciarono la casa e si accanirono, con la minaccia di buttarla dalla finestra, contro la giovane moglie Clementina Marchesini, incinta di otto mesi e all’oscuro dell’attività cospirativa del marito. Il trauma portò la donna a perdere la bimba che aveva in grembo e a morire ella stessa per un’infezione conseguente al parto prematuro. Vedovo dopo soli tredici mesi di matrimonio, perseguitato e senza occupazione, passò alla semi-clandestinità ed entrò nella struttura illegale del Partito Comunista. Nel 1936 fu tra i primi ad accorrere in Spagna in difesa della Repubblica democratica, messa a repentaglio dal colpo di stato ordito dai militari fascisti capeggiati da Francisco Franco – ha ricordato Anzani – Gravemente ferito e stentando a recuperare la propria efficienza fisica, nel dicembre 1937 fu costretto a lasciare la Spagna e a trasferirsi a Parigi. Arrestato nell’agosto ’39, venne deportato nel campo di Le Vernet, sui Pirenei, dove restò per due anni. Il 20 novembre 1941 venne estradato in Italia. Subito arrestato e incarcerato a San Vittore, subì la condanna a sei anni di confino e venne destinato al penitenziario di Ventotene.

Mario Anzani, presidente della locale sezione di A.N.P.I.

Rimesso in libertà dopo l’8 settembre ’43, rientrò per un breve periodo a Rho e poi, impossibilitato per motivi di salute a partecipare attivamente alla Resistenza, si diede alla clandestinità a Milano e dintorni, aiutando la formazione dei gruppi partigiani.

Nell’aprile 1945 fu di nuovo a Rho e strinse stretti rapporti con i membri del locale Comitato di Liberazione Nazionale (Cln). Assunta la presidenza del Cln, fu tra i principali artefici della Liberazione di Rho e dal balcone dell’attuale sala del consiglio comunale fu lui ad annunciarla ai rhodensi il 26 aprile 1945.

In seguito fondò la Cooperativa La Fratellanza, per la vendita, a prezzo calmierato, del pane e di altri generi di prima necessità.

Dopo le dimissioni del Sindaco Del Bo, nell’ottobre 1945 Agostino Casati venne nominato Sindaco e mantenne tale carica fino alle elezioni amministrative del 24 marzo ’46. Sedette in Consiglio comunale dal 1956 al 1970. Visse poveramente ma venne aiutato del Comune e, come lui stesso chiese all’allora Sindaco Carlo Landoni, ottenne di poter essere sepolto tra i partigiani di Rho al Sacrario dove oggi gli è stato reso omaggio.

Ho conosciuto Agostino Casati quando avevo 17 anni, insisteva sul valore del sapere e della cultura, mi spronava a studiare e a riflettere. Era un uomo austero, asciutto, elegante, con una fluente chioma bianca, il viso spigoloso, gli occhi penetranti. Oggi ci ammonirebbe a essere consapevoli (in tutte le sfere istituzionali) che l’antifascismo è la pietra miliare della nostra democrazia e della Costituzione che la sorregge… Ricordo, nel 1973, il suo imponente funerale civile. La bara, ricoperta da una bandiera rossa bardata dal tricolore, portata a spalla dai suoi compagni lungo via Matteotti tra due ali impressionanti di folla, l’orazione funebre tenuta nel gremitissimo piazzale del Municipio da Giovanni Pesce, le precedenti parole di commiato di Donatella Martello, di Gino Cavicchioli e di Giuseppe Restelli, la commozione che impedì a tanti di tenere gli occhi asciutti. Non mi sono mai permesso di rivolgermi con il “tu” ad Agostino Casati. Mi prendo oggi la licenza di farlo: Grazie di tutto, Agostino. Grazie per il tuo indomito spirito libertario e antifascista, per gli ideali che, con coerenza e a costo di enormi sacrifici, hai assecondato nel corso dell’intera tua vita e che ci lasci in eredità. La tua città non ti dimentica.

Mario Anzani, presidente della locale sezione di A.N.P.I.

L’intervento dell’ex Sindaco Amedeo Galli, oggi 90enne, è stato letto dal primo cittadino Andrea Orlandi.

Prima di diventare consigliere comunale non conoscevo personalmente l’Agostino Casati. Di lui sapevo ciò che sapevano tutti: che era stato una figura importante della Liberazione, e per questo, poi, primo Sindaco; figura eminente nel suo partito, il partito comunista; la sua chioma bianca a segnalare un’immancabile presenza nelle pubbliche manifestazioni, ma soprattutto una vita segnata da scelte definitive in favore delle libertà negate e dalle conseguenti sofferenze. Si potrebbe dire: un mito. Dieci anni di impegno comune e contemporaneo in Consiglio Comunale con lui mi sembrano quasi un evento. Elargiva il suo esempio generosamente: esempio di assidua presenza, di seria e meditata ponderazione delle decisioni da prendere. Consigliere d’opposizione, conosceva le regole, le osservava, pretendendone il rispetto da tutti. Nelle situazioni difficili, di scontro con la maggioranza, prendeva parte con fedele osservanza del proprio ruolo. Passionale, ma non aggressivo; fermo e deciso nella presa di posizione, ma sereno, molto rispettoso delle persone. Ho da lui imparato (ma non solo io) che è possibile rimanere nel solco dell’imparzialità e tenere la barra diritta su scelte chiaramente oneste. Non gli era sconosciuto il coraggio della decisione sorprendente, ma sofferta, che non favoriva uno della sua parte politica, anche se già riconosciuto meritevole. Certo, ci voleva coraggio. Lui l’aveva. … Quando ormai era nella casa di riposo di Bellano andammo a trovarlo io, Piero Casati, Checco Banfi, Gianni Airaghi: fu grato d’essere abbracciato da quattro noti democristiani, la carta d’identità di un rapporto che, sebbene germinato nella contrapposizione di princìpi e ideali, è riuscito a rimanere luogo ove si coltiva il rispetto, ove il confronto non divide, ma crea spazi di comprensione, di concordia, di unità. E di amicizia.

Amedeo Galli, ex sindaco.

Lo storico locale Piero Airaghi, si è soffermato sulla attenzione quotidiana al bene comune.

Casati è un uomo che ha servito il partito senza mai servirsi di lui, la sua è stata una vita spesa per la patria, la pace, la libertà. Tutta la sua famiglia ha combattuto per la difesa di libertà e democrazia. Il suo tirocinio politico e sindacale lo visse alle Ferrovie dello Stato, fu un leader nel movimento dell’occupazione delle fabbriche. Si spese tantissimo per il Partito Comunista, sacrificando la vita personale. Si sentiva <l’eremita solitario, il vagabondo detestato dalla società. Fondò il periodico cittadino L’Amico del Popolo, la cooperativa La Fratellanza, Il Gazzettino che uscì fino al 1976. Di lui il prevosto Carlo Maggiolini ricordò quanto disse Giuseppe Restelli, ovvero che Casati avesse le più belle virtù di un cristiano, la carità e la povertà.

Pietro Airaghi, storico locale.

Ascoltati gli interventi di molti consiglieri comunali, volti a ricordare la figura di Agostino Casati, il Sindaco Andrea Orlandi ha tratto le conclusioni evidenziando in particolare tre aspetti: lo stile nel far politica, declinato nella coerenza ai propri principi e alle proprie scelte di campo, il crederci al punto di mettere in discussione la propria vita a favore degli altri, la capacità di assumere decisioni e responsabilità contro le logiche di breve periodo o elettorali; quindi, la concretezza delle azioni, espressa fondando la cooperativa La Fratellanza e declinata in iniziative che partivano dal basso e non vedevano per forza il coinvolgimento diretto delle istituzioni; infine, l’azione più culturale di creazione di pensiero e di informazione, espressa contribuendo a fondare due giornali. Un protagonista della storia locale che la città non vuole e non deve dimenticare.

50 anniAgostino CasatimortemostraRho
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