Quando una coppia decide di separarsi o di divorziare, le parti o il giudice, in mancanza di accordo, stabiliscono l’immobile che verrà adibito a casa familiare.
Se l’immobile prescelto non è di proprietà della coppia ma è in uso della famiglia con un contratto di locazione, succede nel contratto la parte a cui il giudice abbia attribuito il diritto di abitazione (art. 6, c. 2, Legge n. 392/1978).
In una recentissima pronuncia la Suprema Corre di Cassazione ha precisato che il canone di locazione dell’immobile adibito a casa familiare può essere corrisposto anche dal coniuge non collocatario. In altri termini, il giudice della separazione e del divorzio può porre a carico del coniuge con maggiori disponibilità economiche, ad integrazione del contributo in favore della prole, l’onere del pagamento del canone di locazione dell’immobile adibito a casa familiare (Cass. N. 12058/2020).
Nel caso trattato dalla Suprema Corte, infatti, il giudice di merito aveva assegnato l’immobile alla moglie, in qualità di collocataria dei figli, e aveva disposto che il canone di locazione venisse corrisposto dal marito, a titolo di integrazione del contributo di mantenimento a favore dei figli.
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