In sede di divorzio, l’argomento più critico è da sempre il diritto di un ex coniuge a percepire l’assegno divorzile.
La materia è stata di recente oggetto di ampi dibattiti giurisprudenziali, richiamati anche dalle più note cronache televisive.
Anzitutto, è bene precisare che l’assegno di divorzio ha funzione assistenziale, compensativa e perequativa e richiede l’accertamento in capo all’ex coniuge richiedente dell’inadeguatezza dei mezzi per vivere e dell’impossibilità oggettiva di procurarseli.
Ne deriva, quindi, che se l’impossibilità di procurarsi i mezzi dipende dalla libera scelta di un ex coniuge (che decide, per esempio, di licenziarsi), quest’ultimo potrà vedersi negato il diritto a percepire l’assegno divorzile.
Di recente, infatti, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di merito che negava il diritto dell’ex coniuge di percepire l’assegno divorzile in quanto quest’ultima aveva deciso di abbandonare l’occupazione lavorativa che le assicurava un reddito fisso (Cass. Civ. sentenza n. 26594/2019).
Nel caso trattato dalla Suprema Corte, poi, l’ex moglie non aveva nemmeno fornito la prova che quest’ultima avesse sacrificato le proprie aspettative lavorative in funzione delle esigenze familiari.
Tanto, precisano gli Avvocati Alessandra Giordano ed Elena Laura Bini, “è conforme al principio espresso dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite secondo il quale la funzione equilibratrice dell’assegno divorzile è finalizzata al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia, con particolare riconoscimento al sacrificio delle aspettative professionali fatto da quest’ultimo per dedicarsi alla cura della famiglia”.
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