Nell’ambito dell’azione di divisione ereditaria è d’obbligo la ricostruzione del patrimonio del defunto, tramite la somma dei beni lasciati al momento della morte (c.d. relictum) e dei beni donati in vita (c.d. donatum).
Il conferimento dei beni donati al patrimonio ereditario da dividere prende il nome di collazione ereditaria.
In particolare, devono essere restituiti alla massa ereditaria solo i beni donati in vita ai discendenti e al coniuge, ai sensi dell’art. 737 Cod. Civ., tanto con donazione diretta quanto con donazione indiretta.
Per intenderci la donazione diretta si configura ad esempio in caso di acquisto in vita di un immobile per il proprio figlio, mentre la donazione indiretta può configurarsi, ad esempio, nel caso di cointestazione con il figlio del buono postale fruttifero.
In pratica, la funzione della collazione è quella di eliminare gli squilibri tra le quote spettanti a ciascun coerede, garantendo a questi una quantità di beni proporzionata alla quota ereditaria.
La collazione poi, al pari dell’azione di divisione, all’interno della quale peraltro si colloca, è imprescrittibile, cioè può essere fatta valere in ogni tempo, salvi gli effetti dell’usucapione.
Dalla collazione si può essere esonerati con espressa dispensa da parte del de cuius, nei limiti però della quota di cui il testatore può disporre (c.d. quota disponibile).
Gli Avv.ti Alessandra Giordano ed Elena Laura Bini dello Studio Legale Lambrate precisano che “nei confronti del donatario non coniuge e non discendente è possibile esperire, se ne ricorrono i requisiti di Legge, l’azione di riduzione”.
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